Bollettino Quotidiano della Pace |
Pubblicata in data 17/9/2005 Sommario di questo numero: 1. Maria Eunice Kalil: Dall'altro lato dell'Atlantico 2. Federica Curzi: Perche' si' 3. Alvise Alba e Maria Chiara Tropea: Si' 4. Giacomo Alessandroni: Si' 5. Augusto Cavadi: Si' 6. Antonino Drago: Si' 7. Lorenzo Guadagnucci: Si' 8. Massimo Guitarrini: Si' 9. Paolo Predieri: Si' 10. Piercarlo Racca: Si' 11. Carlo Schenone: Si' 12. Ilaria Troncacci: Si' 13. Lia Cigarini presenta "La civilta' della conversazione" di Benedetta Craveri 14. Enrico Peyretti: Avvocato dell'avversario, ministro della pace 15. Maria G. Di Rienzo: Mildred, la pellegrina della pace. E una sua storia 16. Hannah Arendt: Capriole 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARIA EUNICE KALIL: DALL'ALTRO LATO DELL'ATLANTICO [Ringraziamo Maria Eunice Kalil, responsabile del "Forum comunitario di lotta alla violenza" di Bahia, Brasile (per contatti: fccv@ufba.br) per questo intervento] Carissime e carissimi, non sapevamo che lo sforzo brasiliano per ridurre la disponibilita' di armi nel nostro paese stesse suscitando tanta attenzione dall'altro lato dell'Atlantico, e sono rimasta sorpresa, e molto contenta, del vostro sostegno e della vostra disponibilita'. Tradurro' quanto mi scrivete per condividerlo con le persone della mailing list "desarmabrasil" (desarmabrasil@yahoogrupos.com.br) e del Comitato statale di Bahia per un Brasile senza armi. Cercheremo di trovare le forme attraverso cui valorizzare al meglio il vostro sostegno, oltre alla risonanza che gia' stata dando al nostro impegno, che ci e' di grande aiuto politico. Vi invieremo il materiale che sta circolando tra noi e che stiamo utilizzando. Un abbraccio, Maria Eunice 2. EDITORIALE. FEDERICA CURZI: PERCHE' SI' [Ringraziamo Federica Curzi (per contatti: federica_curzi@libero.it) per questo intervento. Federica Curzi, nata a Jesi (Ancona), si e' laureata in filosofia nel 2002 presso l'universita' di Macerata ove attualmente svolge un dottorato di ricerca; alla sua tesi e' stato attribuito il premio dell'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini; collabora alla rivista on line www.peacereporter.net Opere di Federica Curzi: Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004] Le armi sono le uniche cose, gli unici oggetti pensati con l'unica finalita' di uccidere. C'e' differenza tra le armi e la violenza. Possiamo fermarci, come da anni ormai facciamo, a parlare del principio della nonviolenza e del suo rapporto con il male, la sofferenza, la morte, il dolore e la violenza in quanto istinto distruttivo. Le armi sono un'altra cosa. Non soltanto producono morte e distruzione, ma sono prodotte esclusivamente per dare morte e distruzione. Sono un'espressione quotidiana della normalizzazione e della legalizzazione della violenza omicida. Ovvero, danno la misura di quanto l'essere umano si adatti a tutto, anche ad andare contro la propria natura. Le armi leggere - per cosi' dire ma che uccidono con la stessa pesantezza degli apparati bellici - rappresentano questo ingresso della morte come potere sull'altro nella nostra vita. Anche in Italia, come negli Usa, si diffonde la "moda" di tenere armi in casa, in negozio, in borsa. La paura dell'altro, della diversita', della morte si sta lentamente trasformando in paura della vita, cosi' da produrre un ulteriore corto circuito: il bisogno ossessivo della sicurezza ci rende sempre piu' precari, dato che non conosco forma piu' compiuta di precarieta' che normalizzare la violenza e legalizzare l'omicidio, contemplandolo come semplificazione delle domande di una societa' (mondiale) complessa. Il referendum brasiliano rappresenta la direzione esattamente contraria di questa tendenza. Il referendum tende a mettere fuori dalla legalita' il traffico delle armi cosiddette leggere, invertendo la dinamica che sta attraversando il mondo nell'accostare l'aggettivo "legittimo" ad ogni brutalita': la guerra legittima, la legittima difesa, la vendetta legittima, la legittima espulsione. L'imbarbarimento del mondo dipende da questo continuo scontro tra forme equivalenti di barbarie: ovvero di modi equivalenti con cui la distruzione e la morte vengono legittimate, che sia la legge o la religione a farlo. Essere consapevoli dell'importanza ddi quello che il referenum rappresenta e auspica significa gia' partecipare in senso profondo, ovvero essere parte in causa, di un processo educativo, culturale, politico e strettamente umano. La democrazia non si esporta, ma in questo modo e' possibile parteciparla, dunque muoverla e promuoverla. Se fossi brasiliana, come altri hanno scritto, voterei anch'io "si'". Dire voterei "si'" significa aderire con l'esistenza ed il pensiero ad un'istanza che gia' ci unisce tutti in un "si'" piu' grande, che e' il ripudio della violenza e che e' l'unico "si'" possibile dopo il no radicale gia' espresso e praticato da molti di noi alla guerra, alla violenza, all'ingiustizia, alla poverta'. 3. 23 OTTOBRE. ALVISE ALBA E MARIA CHIARA TROPEA: SI' [Ringraziamo Alvise Alba e Maria Chiara Tropea per questo intervento. Maria Chiara Tropea e Alvise Alba sono impegnati nel Movimento Nonviolento e nel Movimento Internazionale della Riconciliazione, ed in varie altre esperienze di pace e di solidarieta'; assicurano un importante servizio di segretariato, informazione, formazione e collegamento tra persone amiche della nonviolenza; tra le opere di Maria Chiara Tropea: con Angela Dogliotti Marasso, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro. Un gioco di ruolo per capire il conflitto israelo-palestinese, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003] Essendo completamente d'accordo su ogni inziativa che abolisca armi ed eserciti, a proposito del referendum in Brasile auspichiamo con tutto il cuore che ottenga la fine della vendita e del commercio delle armi. 4. 23 OTTOBRE. GIACOMO ALESSANDRONI: SI' [Ringraziamo Giacomo Alessandroni (per contatti: g.alessandroni@peacelink.it) per questo intervento. Giacomo Alessandroni, amico della nonviolenza, ingegnere, docente, da sempre impegnato in iniziative di pace e di solidarieta', collaboratore di Peacelink, del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo e di altre esperienze nonviolente, e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario] Ci sarebbero migiaia di motivi per dire no alle armi. Ma l'elenco sarebbe interminabile e ci soffermeremo su quello che riteniamo piu' semplice da comprendere: il vil metallo. L'Italia nel 2004 ha tagliato tre capitoli di spesa del Ministero degli Esteri per la cooperazione internazionale e le organizzazioni non governative, per i finanziamenti degli organismi internazionali e persino 100 milioni di dollari del fondo dell'aids, dirottati sulla missione irachena. Secondo i dati del Development Assistence Committee dell'Osce l'Italia e' il paese che in percentuale dedica meno risorse ai programmi per lo sviluppo e la lotta contro la poverta': solo lo 0,15 del Prodotto interno lordo, mentre siamo i settimi nella graduatoria mondiale per gli investimenti in armi. E' davvero impensabile invertire la rotta? Se anche noi seguissimo l'esempio del Brasile ci sarebbe una concreta speranza per il nostro futuro, per un futuro - mi sembra retorica, non ho altre parole - senza armi. Esattamente quarant'anni fa, Francesco Guccini scriveva che se Dio muore e' per tre giorni e poi risorge. Io sono giovane: chissa' se vivro' abbastanza da vedere il terzo giorno? 5. 23 OTTOBRE. AUGUSTO CAVADI: SI' [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi@lycos.com) per questo intervento. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla mafia, DG Editore, Trapani 2005. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)] Gli abitanti del pianeta che non vivono dentro i confini degli Stati Uniti d'America vivono - viviamo - senza tanti vantaggi. In compenso, pero', abbiamo anche qualche possibilita' di dignita' in piu'. Possiamo, ad esempio, vivere in sistemi giudiziari in cui nessun giudice puo' assassinare un assassino - vero o presunto - in nome nostro. Ancora: a differenza dei nostri fratelli americani (sia di quelli che non sono d'accordo con la politica governativa sia di quelli, piu' sventurati, che non sono in grado di essere in disaccordo) possiamo immaginare di vincere un referendum, come quello che si prepara in Brasile, contro il commercio delle armi. Ed evitare cosi' di restare in quel clima da incubo cosi' efficacemente rappresentato in Bowling for Columbine da Michael Moore. 6. 23 OTTOBRE. ANTONINO DRAGO: SI' [Ringraziamo Antonino Drago (per contatti: drago@unina.it) per questo intervento. Antonino (Tonino) Drago, nato a Rimini nel 1938, e' stato il primo presidente del Comitato ministeriale per la difesa civile non armata e nonviolenta; gia' docente universitario di Storia della fisica all'Universita' di Napoli, attualmente insegna Storia e tecniche della nonviolenza all'Universita' di Firenze, e Strategie della difesa popolare nonviolenta all'Universita' di Pisa; da sempre impegnato nei movimenti nonviolenti, e' uno dei piu' prestigiosi peace-researcher italiani e uno dei piu' autorevoli amici della nonviolenza. Tra le molte opere di Antonino Drago: Scuola e sistema di potere: Napoli, Feltrinelli, Milano 1968; Scienza e guerra (con Giovani Salio), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; L'obiezione fiscale alle spese militari (con G. Mattai), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986; Le due opzioni, La Meridiana, Molfetta; La difesa e la costruzione della pace con mezzi civili, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Atti di vita interiore, Qualevita Torre dei Nolfi (Aq) 1997] Si', perche' per un nonviolento non puo' che essere cosi', il mio impegno e' ad essere contro l'uso di tutte le armi... 7. 23 OTTOBRE. LORENZO GUADAGNUCCI: SI' [Ringraziamo Lorenzo Guadagnucci (per contatti: guadagnucci@libero.it) per questo intervento. Lorenzo Guadagnucci, giornalsta economico, studioso dei problemi della globalizzazione e dei nuovi movimenti sociali, e' stato tra le vittime dell'aggressione squadristica alla scuola Diaz nel 2001 a Genova. Si e' impegnato non solo a testimoniare e documentare quell'orrore, ma anche a favorire l'elaborazione del lutto da parte di tutte le vittime e a costruire le condizioni perche' simili orrori mai piu' accadano. Opere di Lorenzo Guadagnucci: Noi della Diaz, Berti, Piacenza 2002] Sandro Pertini, il partigiano divenuto presidente, sfidava la retorica esclamando: "Bisogna vuotare gli arsenali e riempire i granai". Lo faceva con lo spirito battagliero dei suoi ottant'anni e col prestigio che gli conferiva il suo passato di combattente. Non era retorica, ma un grido di verita' di fronte a un mondo che teorizzava la necessita' di ricercare un equilibrio pacifico attraverso il bilanciamento delle rispettive potenze militari. Era un mondo costantemente sull'orlo dell'abisso, coi leader politici impegnati a definire strategie militari, teorie del "primo colpo" nucleare e scenari apocalittici, a tutto discapito dell'attenzione per i drammi sociali e ambientali causati da un sistema economico e geopolitico sempre piu' iniquo e distruttivo. Oggi non abbiamo piu' un mondo diviso in due blocchi e la teoria della deterrenza atomica ha perduto la sua centralita', ma la preminenza dell'industria della guerra e della cultura militare si e' addirittura rafforzata. La piu' grande democrazia del pianeta - come ancora ci si ostina a definire gli Stati Uniti d'America, nonostante il Patriot Act divenuto legge permamente e nonostante la logica imperialista della guerra preventiva - non nasconde piu' i suoi propositi di diventare gendarme e dominatore del mondo: basta leggersi i documenti dell'intellighenzia neo-con. Uno degli effetti collaterali di questa escalation di bellicosita' e volonta' di dominio, e' la continua e crescente militarizzazione delle istituzioni, del territorio, dei rapporti sociali. "Bowling a Colombine" di Michael Moore mostro' con efficacia quanto la societa' statunitense sia vittima di questa incultura della guerra, di quel principio del diritto all'autodifesa armata che paradossalmente riecheggia ogni volta che il presidente Bush dichiara una guerra d'invasione, dall'Afghanistan all'Iraq a quelle future. * La pretesa di armare i cittadini, per "garantire" a ciascuno piu' sicurezza, ha molto a che fare con quel filone di pensiero che dalla guerra fredda al neoimperialismo Usa sta diffondendo nel mondo il germe dell'autoritarismo. Se ne e' avuta un'eco anche in Italia, quando e' stata approvata la "riforma" della legittima difesa, che oggi concede a chiunque la facolta' di sparare contro un'altra persona, non solo quando la sua vita sia in pericolo, ma semplicimente quando il domicilio sia violato, non importa per quale motivo. E' la versione italiana del presunto diritto a farsi giustizia da se', con l'applicazione della pena di morte anche a chi abbia commesso reati minimi come la violazione di domicilio o al limite il furto e la rapina. Leggendo gli atti del dibattito parlamentare, si vedra' che i proponenti hanno motivato il provvedimento ricorrendo addirittura al principio di sussidiarieta', per cui il modo migliore per garantire sicurezza e giustizia dev'essere quello piu' vicino al cittadino, ossia il cittadino stesso, armato di tutto punto e protetto dalla legge. * Sappiamo quanto sia grave, ben piu' grave che da noi, il problema dei "giustizieri" solitari nelle metropoli dell'America Latina e dei tanti Sud del mondo. Nelle bidonville, dove le tensioni sociali sono spesso altissime, violenze e omicidi sono esperienze quasi quotidiane, grazie anche alla grande accessibilita' alle armi da fuoco. Il referendum che si tiene in Brasile contro la libera vendita di armi e munizioni non e' certo la soluzione di tutti i problemi di esclusione, miseria, ingiustizia, ma e' un passo nella direzione giusta, quel "vuotare gli arsenali" (in questo caso privati) di cui tanto parlava Pertini. 8. 23 OTTOBRE. MASSIMO GUITARRINI: SI' [Ringraziamo Massimo Guitarrini (per contatti: fenoglio2000@yahoo.it) per questo intervento. Massimo Guitarrini, amico della nonviolenza, da sempre un punto di riferimento nell'impegno di solidarieta', per i diritti umani, per l'ambiente, la pace, e' viceresponsabile nazionale del servizio civile della Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare] Anch'io voglio dare il mio piccolo contributo a sostegno del referendum che tra poche settimane vedra' il popolo brasiliano pronunciarsi per la messa al bando della vendita delle armi da fuoco nel proprio paese. Ad un anno dalla Campagna per il Disarmo Volontario, che ha preceduto questo referendum, gia' 3.000 persone in meno sono morte per omicidio da arma da fuoco rispetto all'anno precedente. Mi viene da pensare a quelle altre 3.000 persone che invece sono state assassinate nel 2003... se questo provvedimento fosse stato approvato l'anno prima forse si sarebbero salvate. E se invece fosse stato pensato nel 2001 magari se ne sarebbero salvate di altre. E quanti giovani potrebbero ancora correre, lavorare, ballare, quanti occhi potrebbero ancora sorridere o piangere, quanti uomini e quante donne potrebbero ancora tentare di comprendersi o amarsi se la vendita delle armi da fuoco fosse stata messa al bando dieci o venti e - perche' no? - cento anni fa, e non solo in Brasile ma in tutto il mondo? Lo so, lo so: dicono che non e' cosi' che si fa la storia... Ma se Beretta fosse stata solo un marca di salumi? sicuramente si sarebbero salvate tante persone probabilmente a scapito di tanti maiali. Chiunque abbia a cuore la vita delle persone e il futuro dell'umanita' non puo' esitare a dichiararsi a favore di questo referendum, per un mondo senza armi. 9. 23 OTTOBRE. PAOLO PREDIERI: SI' [Ringraziamo Paolo Predieri (per contatti: musica@nonviolenti.org) per questo intervento. Paolo Predieri e' musicista, musicologo, amico della nonviolenza tra i piu' noti, una delle figure di riferimento dell'impegno nonviolento in Italia] Sul referendum brasiliano posso dire che mi piacerebbe molto essere in questo momento in Brasile per sentire direttamente che dibattito c'e' in merito e cosa ne dice la gente. Inutile dire che, se fossi cittadino brasiliano, voterei per la proibizione del commercio delle armi da fuoco e naturalmente parteciperei alle iniziative a favore di questa scelta. 10. 23 OTTOBRE. PIERCARLO RACCA: SI' [Ringraziamo Piercarlo Racca (per contatti: piercarlo.racca@fastwebnet.it) per questo intervento. Piercarlo Racca e' uno dei militanti "storici" dei movimenti nonviolenti in Italia ed ha preso parte a pressoche' tutte le esperienze piu' vive e piu' nitide di impegno di pace; e' per unanime riconoscimento una delle voci piu' autorevoli della nonviolenza in cammino] L'importanza della vittoria del si' al referendum per la proibizione del commercio delle armi che si terra' in Brasile il prossimo 23 ottobre, va ben oltre il limite di scelta nazionale perche' rappresentera' agli occhi del mondo anche una grande e coraggiosa scelta politica. 11. 23 OTTOBRE. CARLO SCHENONE: SI' [Ringraziamo Carlo Schenone (per contatti: e-mail: schenone@arch.unige.it o anche schenone@email.it, sito: www.schenone.8k.com) per questo intervento. Carlo Schenone e' da molti anni a Genova una delle figure piu' impegnate nella riflessione sulla nonviolenza e nella pratica di essa nei movimenti e nei conflitti sociali, particolarmente attivo nella formazione; con una lunga, ampia e qualificata esperienza sia di impegno politico e sociale di base, sia di rappresentanza nelle istituzioni, sia di intervento meditato e propositivo nelle sedi organizzative e di coordinamento, di dibattito e decisionali, dei movimenti per i diritti] Se i nostri governi si interessassero del bene dei loro cittadini avrebbero un comportamento diametralmente opposto a quello che tengono, soprattutto per quanto riguarda le armi e gli armamenti. Alle minacce non rispondono in relazione alla loro pericolosita' ma a criteri molto piu' perversi che mischiano interessi personali e consociativi, fobie e pigrizie. Non vorrei sembrare macabro con una contabilita' di morti ma penso che aiuti a riflettere. I governi occidentali stanno restringendo perfino i diritti fondamentali con la scusa del terrorismo internazionale che per ora in Italia non ha fatto vittime e che, almeno finora e negli altri paesi europei, ha fatto qualche centinaio di morti. Allo stesso tempo non fanno quasi niente, non limitano neppure la velocita' delle macchine che ha dimostrato poter ridurre notevolmente il numero di morti (e feriti) sulle strade che solo in Italia arrivano ad essere 6/7.000 all'anno. Discorso analogo e' quello delle armi leggere che ogni anno procurano qualche centinaio di morti in Italia e proporzionalmente molto di piu' nei paesi in cui l'uso delle armi non e' regolementato. A partire dai cacciatori (o anche passanti) uccisi o feriti nelle battute di caccia, per arrivare ai banditi (e passanti) colpiti da armi "regolermente detenute", e finire con coloro che, come si e' visto in questi giorni, pensano di difendersi con 5 pistole e 2 fucili e quello che alla fine ottengono e' solo di morire, uccidere e spargere dolore ovunque. Forse anche le armi della polizia sono di troppo (ai tempi in cui i bobbies di Londra giravano disarmati la delinquenza londinese era molto meno pericolosa) ma sicuramente proibire le vendita di armi leggere ridurrebbe drasticamente il numero complessivo di morti e feriti senza ridurre la sicurezza complessiva ma, al contrario, aumentandola. E se qualcuno si diverte tanto a sparare a qualcosa vorra' dire che sara' costretto a farsi passare la voglia dedicandosi ad altre attivita'. Penso che sia una "costrizione" che val la pena di imporre per il bene di tutti, pur avendo l'attenzione di aiutare chi campa di armi a trovareun altro sistema per viviere, perche' anche se la Repubblica si basa sul lavoro deve essere un lavoro che non danneggi altri. Per cui ben venga il referendum brasiliano per l'eliminazione del commercio di armi. Chissa' che una eventuale abolizione in Brasile non convinca anche qualcuno che puo' in Italia a cominciare a pensare cosa far fare d'altro agli armaioli della Val Trompia, e come evitare il dolore che le armi in circolazione in Italia ogni anno provocano. 12. 23 OTTOBRE. ILARIA TRONCACCI: SI' [Ringraziamo Ilaria Troncacci (per contatti: crazyi85@hotmail.com) per questo intervento. Ilaria Troncacci, amica della nonviolenza e persona di infinita dolcezza e profondita' d'animo, e' da anni impegnata nell'esperienza scoutistica ed in molte iniziative di solidarieta' concreta] A volte mi chiedo cosa penserebbe un bambino se fosse chiamato a dare un giudizio sui fatti del mondo. I bambini sanno essere cosi' chiari e logici da spiazzare gli adulti, sono cosi' privi di malizia da analizzare le cose per quello che sono, per questo sono giudici perfetti. * Raccontando la favola dell'oggi dovremmo spiegare al bambino che vi sono due paesi, due paesi molto grandi in cui ogni uomo puo' avere a disposizione delle brutte invenzioni. In questi paesi gli uomini si dividono in carnefici e vittime, colpevoli e innocenti, vivi e morti. Le invenzioni infatti hanno il potere di uccidere. Sono gli uomini a manovrarle, sono quindi gli uomini ad uccidere, e a volte queste invenzioni capitano in mani inconsapevoli, incoscienti o disperate, ma non per questo generano meno morte. Per porre rimedio a questa situazione insostenibile il primo paese decidera' di aumentare il numero di invenzioni, cosi' che risultino difesa contro quelle gia' in circolazione, inoltre si faranno delle leggi che permetteranno l'uso indiscriminato di tali invenzioni con la pretesa di rendere piu' sicuri i propri cari, se stessi, le proprieta'. Nell'altro paese invece si decidera' di eliminare quelle invenzioni. Quale sara' la civilta' agli occhi del bambino? quale sara' il suo giudizio? Eliminando interessi, brama di potere e di controllo, prescindendo da tutti i fattori che pongono la vita umana ad un gradino ben piu' infimo di quello che le e' proprio, analizzando, quindi, semplicemente il problema con gli occhi di un bambino la risposta risultera' evidente: eliminando la causa si limitera', per lo meno, anche l'effetto. * Certo la questione in causa e' ben piu' complessa di una favola per bambini. Ma e' indubbio che l'abolizione del commercio delle armi leggere, richiesta nel referendum del 23 settembre in Brasile, sia risultato e punto di partenza eccellente, oltre che una dimostrazione di vera civilta' per tutti quei paesi che si atteggiano a difensori della democrazia, ma che in realta' dovrebbero riscoprire l'umilta' di apprendere da chi certi valori attivamente difende. La vera civilta' e' quella che pone la vita umana al centro del proprio operato con la naturalezza di un bambino. Se con tale naturalezza si sapra' guardare, un forte "si'" si alzera' dal Brasile ad annunciare una meravigliosa lezione al mondo intero, e questa e' la mia speranza. 13. LIBRI. LIA CIGARINI PRESENTA "LA CIVILTA' DELLA CONVERSAZIONE" DI BENEDETTA CRAVERI [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso sulla rivista "Via Dogana", n. 60, marzo 2002. Lia Cigarini, storico punto di riferimento del femminismo in Italia, e' una delle figure piu' vive del pensiero e dell'agire delle donne, di molte e di molti maestra. Benedetta Craveri e' docente universitaria e saggista finissima. Tra le opere di Benedetta Craveri: Madame du Deffand e il suo mondo, Adelphi, Milano 1982, 2001; (a cura di), Lettere di Mademoiselle Aisse' a Madame C..., Adelphi, Milano 1984; La civilta' della conversazione, Adelphi, Milano 2001] Montaigne (1533-1592), racconta Craveri, esortava gli uomini del suo tempo ad insegnare alle donne "a farsi valere e a stimarsi" affinche' sia gli uomini che le donne potessero vivere meglio. In realta', sottolinea Craveri, le preziose (un movimento o corporazione di aristocratiche e intellettuali francesi che percorre tutto il diciassettesimo e il diciottesimo secolo) si erano per conto loro attribuite un "alto prezzo" pur in un contesto giuridico a loro sfavorevole. Cosi' da conquistare una tale autorita' da renderle protagoniste indiscusse dei cambiamenti culturali avvenuti in quei secoli in Francia. Ho sempre amato e studiato il movimento delle preziose ricavandone idee e suggerimenti per orientarmi nella vita e nella politica delle donne. A me risultavano le donne piu' consapevoli che avessi letto, e in una specie di corteo immaginario le vedevo sfilare a due a due legale da una appassionata amicizia. Madame de Sevigne' e Madame de La Fayette, Madame de Maintenon e Ninon de Lenclos, Madame de Sable' e Mademoiselle d'Attichy, Mademoiselle de Scudery e Madame de Rambouillet, e al loro seguito le amatissime figlie. Cosicche' quando mi sono affacciata al mondo, munita di volonta' e determinazione ma sola e muta nel disagio della emancipazione, avevo dentro di me due beni preziosi: una genealogia femminile ben precisa e la predisposizione ad affidarmi ad una donna piu' grande di me. So che altre hanno fatto cosi'. Ricordo Carla Lonzi che indicava le mistiche e le preziose come riferimenti a lei indispensabili. Tuttavia non ero mai riuscita a spiegarmi fino in fondo come alcune donne, aristocratiche si', ma soggette totalmente all'autorita' del padre e del marito e senza studi regolari, fossero state in grado di realizzare i propri desideri e progetti tanto da riuscire a dettare le regole del gioco culturale e mondano per quasi due secoli. Ora mi sembra di avere capito. E la loro storia ricomincia ad avere per me una risonanza attuale davvero impressionante. * Benedetta Craveri riferisce che durante tutto il seicento una vasta produzione letteraria per lo piu' maschile sottolineava la parita' dei due sessi fino ad arrivare con Poullain de La Bare (1673) a riconoscere alle donne le capacita' intellettuali degli uomini. Tuttavia osserva Craveri "a cominciare dall'apparizione delle Preziose, si faceva sempre piu' strada nel gentil sesso la convinzione che il valore della donna risiedesse nella sua differenza e non nella sua uguaglianza rispetto all'uomo". In sostanza le preziose avrebbero operato uno scarto rispetto alla secolare querelle de femmes che aveva come oggetto la superiorita' o inferiorita' di un sesso rispetto all'altro o la parita' tra i due. Questo spostamento di senso a mio parere e' stato un atto geniale: le preziose hanno cosi' potuto giocare senza remore tutto il loro sapere delle relazioni, della lingua, delle buone maniere, dell'amore, dell'esprit, negli anni in cui l'aristocrazia francese voleva "civilizzarsi" nei costumi e togliere il primato culturale agli italiani. Le preziose, in sostanza si sono consapevolmente mosse come l'avanguardia culturale e mondana di quella aspirazione. Percio' esse non si sono impantanate nella rivendicazione di parita' con gli uomini. Neppure hanno dato voce (o forse in quel momento di cambiamento in loro favore non lo sentivano affatto) al risentimento che e' il sentire piu' frequente di moltissime donne: nei confronti degli uomini, della madre, e, alla fine, delle donne stesse. * Io penso, poi, che il mettere in valore la differenza e agirla nel mondo, direi, allo stato puro (l'idea nata dalla Rivoluzione borghese dell'emancipazione delle donne e dei loro diritti ad essere considerate uguali agli uomini non si era ancora profilata all'orizzonte) ha sottratto le preziose alla competizione con gli uomini sul loro terreno (guerra, potere statale, professioni, ecc.). La competizione con gli uomini derivata dall'emancipazione ha logorato e logora a mio parere, ancora intere generazioni di donne. Non solo per la fatica fisica e mentale di far fronte contemporaneamente al lavoro e ai figli piu' volte denunciata ma sostanzialmente irrisolvibile senza un cambiamento radicale del modo di vivere e lavorare e del simbolico. Ma anche per una ragione piu' centrale, piu' intima e profonda: sbarra la strada all'agire della differenza che e' essenzialmente relazione con l'altro. La competizione, cioe', non apre alcun reale conflitto tra differenza femminile e differenza maschile bensi' una gara aggressiva tra donne e uomini e alla fine anche tra donne per tutto cio' che e' disponibile nel mondo esistente. La competizione dunque impedisce il riconoscimento di autorita' femminile da parte del mondo maschile. Infatti con la competizione/emancipazione non vi e' nulla di "prezioso" che si offre alla societa', al contrario si tende ad occultare il modo di sentire e pensare delle donne, facendone un qualcosa di arcaico in via di estinzione. Le preziose, ci racconta Craveri, hanno invece messo in campo il di piu' relazionale delle donne. Hanno con la forza delle parole disegnato - Madame de Rambouillet tuttavia e' stata anche l'architetta vera e propria del suo palazzo e della camera dove riceveva - uno spazio fisico e simbolico dove donne e uomini si incontravano fuori da ogni possibilita' di identificazione, in relazioni segnate da una alterita' riconosciuta e accettata. Il risultato e' che la storia della civilta' francese nel momento di suo massimo fulgore e' una storia soprattutto di donne. Caso unico in Europa e nel mondo. * Come si sa il mondo maschile si e' spaccato di fronte al movimento delle preziose: una parte le ha attaccate ferocemente e tentato di ridicolizzarle in tutti i modi anche se un misogino come La Bruyere rende loro, comunque, l'onore delle armi: esse, scriveva, dimostrano di possedere piu' di chiunque altro il talento della conversazione e il segreto della scrittura epistolare; un'altra parte pero' ne ha riconosciuto i meriti, le doti, la funzione egemonica nella cultura e nella societa'. In poche parole ne ha riconosciuto l'autorita'; La Rochefoucauld ad esempio andava dicendo "il giansenismo e' donna", vale a dire attribuiva alle preziose anche la fortuna di quell'esperienza spirituale e filosofica, oltre ad avere come interlocutrici privilegiate Madame de La Fayette e Madame de Sevigne'. Gli stessi illuministi, ad esempio Voltaire, Diderot, D'Alambert, hanno mantenuto intense relazioni di amicizia e scambio filosofico letterario politico con alcune delle preziose del XVIII secolo. * Comunque il segno incancellabile della loro azione e' contenuto nella loro scrittura, lettere e romanzi per lo piu'; per me tra le opere piu' leggibili e durature di quei secoli. E' evidente che le donne del nostro tempo hanno piu' contraddizioni: siano sparpagliate in tutti i luoghi del mondo maschile, abbiano imparato alla perfezione ad usare gli strumenti di lavoro e di pensiero maschile, la parte fallica di ciascuna di noi e' molto piu' invasiva e di conseguenza l'agire della differenza molto disturbato e reticente. Tuttavia alcune tentano di percorrere la strada stretta della relazione di differenza con gli uomini non tanto per proporre un'alleanza tra il movimento delle donne e gli uomini piu' preoccupati e critici degli esiti catastrofici della civilta' maschile, bensi' - se la differenza e' riconoscimento dell'altro- per far risuonare dentro di se' e nel mondo piu' potentemente la differenza femminile. La bellissima narrazione della civilta' delle preziose scritta da Benedetta Craveri offre tantissimi spunti di riflessione. 14. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: AVVOCATO DELL'AVVERSARIO, MINISTRO DELLA PACE [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey@libero.it) per averci messo a disposizione questo suo scritto, pubblicato dapprima sul quindicinale "Rocca", nel fascicolo del 15 marzo 1992, poi ripreso nel suo libro La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998, alle pp. 46-49, e qui riprodotto con lievi ritocchi e integrazioni. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Una delle tante lezioni da trarre dalle guerre recenti, mi sembra questa: come ogni stato ha i suoi ambasciatori, oltre le spie, cosi' dovrebbe avere un "avvocato dell'avversario", col compito di cercare, ascoltare, sostenere, nei conflitti acuti, le ragioni dell'avversario. Oltre il ministro della difesa (che pensa ancora la difesa soltanto in termini di guerra), ci vuole il ministro della pace. Era questa la proposta di Aldo Capitini nel marzo 1948 (cfr. Aldo Capitini, Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990, pp. 15-16, e Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole 1989, p. 102) e il suggerimento di Tullio Vinay nel febbraio 1977 (cfr. Tullio Vinay, L'utopia del mondo nuovo. Scritti e discorsi al Senato, Claudiana, Torino 1984, p. 285). Un tale ministro sarebbe incaricato di tenere aperta, e riaprire sempre, la ricerca dialettica e autocritica della verita' e giustizia nelle controversie, con esclusione delle soluzioni violente, come impongono l'art. 11 della Costituzione e la Carta dell'Onu. Questa istituzione, acquisita nella tecnica giudiziaria (anche il peggiore colpevole ha diritto alla difesa; la logica del ragionamento giudiziario ha bisogno dell'"avvocato del diavolo" previsto nel diritto canonico), e' stata finora esclusa dai conflitti politici tra stati, rimasti alla fase primitiva in cui ognuna delle parti si pretende assoluta. Anche in assenza di un Terzo che imponga e garantisca la pace con la forza (necessario nel pensiero di Hobbes per le relazioni interne e di Bobbio per quelle esterne), la pace (cioe' la gestione dei conflitti in forme non distruttive) puo' essere assicurata, meglio ancora che dal Terzo superiore, dal relativizzarsi di ogni parte, dal riconoscimento essenziale dell'altro. Infatti, lo spirito di guerra e', nella sua essenza, il disconoscimento dell'umanita' dell'avversario, che lo trasforma in nemico totale e fonda il diritto (necessita', dovere, merito, gloria) di ucciderlo. La guerra puo' essere superata, oltre che sul piano etico profondo (l'altro e', col suo solo essere, il fondamento del mio obbligo di rispettarlo e favorirlo, che mi vieta di distruggerlo in caso di contrasto), col rendere giuridico il conflitto. Essere un soggetto in una unita' giuridica, in un sistema di regole per convivere, consiste nel riconoscersi parte di un insieme, nel sapere di non essere tutto. Questa unita' morale e giuridica e', in modo intero, la famiglia umana completa. Gli stati ne costituiscono delle parti che si sono fatte ciascuna un tutto. L'"avvocato dell'avversario" avrebbe la funzione di rappresentare l'altro all'interno di una parte che, nel conflitto, entra in un delirio di totalita'. Infatti, la stessa idea di sovranita' assoluta che costituisce gli stati moderni, e' fattore di guerra, e' belligena. La realta' storica dell'interdipendenza smentisce e corregge oggi, provvidenzialmente, questa pretesa. D'altra parte, alla durezza degli interessi iniqui e privilegiati, si aggiunge oggi l'ondata di nazionalismi, di nazioni che si induriscono in stato. Cio' indica che coscienza e cultura non sono adeguate al movimento reale di unificazione della famiglia umana. * Occorrono istituzioni rappresentative dell'altra umanita', fuori da questo particolare stato, cosi' come, nonostante i molti difetti, le istituzioni democratiche rappresentano ad ogni cittadino i diritti degli altri cittadini entro la porzione di umanita' compresa in questo stato. Si potrebbe attribuire un vero ruolo politico interno agli ambasciatori degli altri popoli e stati (specialmente dello stato con cui si e' in conflitto), o all'autorita' delle Nazioni Unite, e questo sarebbe il meglio, oppure si puo' assegnare ad un organo dello stato il compito di rappresentare interessi e punti di vista dell'avversario. Non c'e' altro modo di fare la pace, quella che sta al posto e non al termine della guerra. Questa seconda, infatti, non e' pace, ma volonta' del vincitore imposta al vinto, e' lo scopo stesso della guerra, altrettanto distruttiva, foriera di altra guerra, e non alternativa ad essa. Che cosa accade invece ora? Quando il conflitto si fa acuto, si scatena la "propaganda di se stessi" da ognuna delle parti: la prima vittima e' la verita', l'ascolto dell'altro; l'informazione viene gonfiata e insieme distrutta, perche' vero e falso si confondono, diventano indistinguibili; cosi' l'umanita' viene massacrata dentro le persone, tanto nei sopravvissuti come negli uccisi. Oggi e' tecnicamente possibile la comunicazione universale immediata, quindi e' possibile che il conflitto resti umano e gli uomini non si facciano sostituire dalle armi, idolo che esige sacrifici umani e decide nel modo piu' irrazionale e ingiusto. E' necessita' della vita e della dignita' lavorare con forte iniziativa, anche unilaterale, per giuridicizzare il conflitto militare. L'obiettivo pieno non puo' essere altro che la scomparsa del rapporto militare, con tutto il suo apparato e la relativa mentalita', tragicamente tornata in auge. I passi saranno parziali, ma quella e' la meta. Nulla di meno. 15. PROFILI. MARIA G. DI RIENZO: MILDRED, LA PELLEGRINA DELLA PACE. E UNA SUA STORIA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per questo articolo. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] Per 28 anni, Mildred Lisette Norman Ryder (1908-1981), piu' conosciuta come "Peace Pilgrim" ovvero la Pellegrina della Pace, attraverso' l'America a piedi. Si fermava a parlare con chiunque fosse interessato a discutere di come "sconfiggere il male con il bene, la falsita' con la verita', e l'odio con l'amore". La Pellegrina camminava senza un soldo, spesso con gli stessi abiti indosso che nevicasse o splendesse il sole, e mangiava solo se le veniva offerto del cibo. Dopo aver percorso oltre 40.000 chilometri, smise di contarli e continuo' a camminare. Il suo voto era di rimanere in viaggio fino a che l'umanita' non avesse appreso le vie della pace. Mildred era convinta che chiunque potesse lavorare per la pace, ovunque ed in qualsivoglia situazione: "Quando porti armonia in un contesto difficile, stai contribuendo al quadro generale della pace. Piu' pace crei nella tua vita, piu' la rifletti nel mondo. Possiamo passare la nostra vita intera facendo del bene. Quando incontro una nuova persona penso sempre a qualcosa di incoraggiante da dirle, una parola gentile, un suggerimento utile, un apprezzamento". Non aveva paura, sola per le strade?, le chiedevano spesso. E questa era la sua risposta: "Nessuno cammina piu' al sicuro di chi cammina umile e disarmato, in compagnia del proprio amore e della propria fede. Perche' una persona del genere fa si' che le altre tirino fuori il bene che hanno dentro (e c'e' del buono in ogni persona). Questo funziona fra gli individui, funziona nei gruppi, e funzionerebbe nelle nazioni se solo avessero il coraggio di provare". * Durante il suo cammino, la Pellegrina incontro' migliaia di persone e raccolse le loro memorie e le loro speranze. Uno degli incontri che amava maggiormente raccontare era questo: "Si trattava di una donna ebrea che era vissuta in Germania sotto Hitler, durante la seconda guerra mondiale. Si era sposata a 16 anni, e nei due anni successivi aveva avuto due bambini. Quando compi' 19 anni le accaddero tre cose. La prima: la sua casa venne distrutta ed i suoi genitori uccisi da un bombardamento inglese. Immagino che gli inglesi stessero cercando di 'liberarla'. La seconda: suo marito fu portato via dai nazisti, e lei non ebbe mai piu' notizie di lui. La terza: lei venne ferita, e i suoi due piccoli rimasero uccisi, da una bomba americana. La stavamo 'liberando' noi, questa volta. Ferita e sconvolta, questa donna vago' per molto tempo con gli altri rifugiati. In queste condizioni terribili, fece una sorta di balzo spirituale. Comincio' a riflettere: hanno torturato e persino distrutto i nostri corpi, si disse, ma nel farlo hanno torturato e distrutto le loro anime, e questo e' molto peggio. Provava compassione per loro, e quando pregava nelle sue preghiere c'era posto per chiunque fosse connesso alla situazione, per l'uccisore e per l'ucciso. Alcuni tedeschi, a rischio delle loro vite, riuscirono a farla fuggire in Inghilterra, e da li' lei venne negli Stati Uniti. Ora ditemi: chi erano i nemici di quella donna? Gli inglesi che avevano distrutto la sua casa e ammazzato i suoi genitori, i tedeschi che le avevano ucciso il marito, o gli americani che l'avevano ferita e le avevano ucciso i figlioletti? La risposta e' sorprendentemente semplice: era la guerra, il suo vero nemico. Era il falso convincimento che la violenza possa realizzare qualcosa, che il male possa essere sconfitto dal male. Questo era il suo vero nemico, ed e' il vero nemico di tutta l'umanita'". 16. MAESTRE. HANNAH ARENDT: CAPRIOLE [Da Hannah Arendt, Sulla rivoluzione, Edizioni di Comunita', Milano 1983, 1996, p. 6. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisaabeth Young-Bruehl, Hannh Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Quando una vecchia verita' cessa di essere applicabile, non diventa piu' vera se la si capovolge. 17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta@sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir@peacelink.it, luciano.benini@tin.it, sudest@iol.it, paolocand@inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info@peacelink.it |