PAESAGGI DEL NOSTRO PARCO

Il torrente Stilla

Il Torrente Stilla!
Il Torrente Stilla è un fiume, se così lo vogliamo chiamare, che nasce molto in alto, tra le montagne che sovrastano i pendii che si inerpicano ai lati della lunghissima Valle dei Maghi.
Un fiume che inizia sgorgando da una roccia piena di increspature create nel tempo e di colore grigio chiaro, frequentata da aquile e qualche passante amante della montagna mentre passa da quelle parti durante le giornate estive.
Un meraviglioso zampillo d'acqua che sgorga tra il verde del muschio, i piccoli ciuffi d'erva verdissima e qualche fiorellino bianco che, ogni giorno, approfittando della provvidenza, si ristorano dissetandosi e alimentando così il loro fusto.
Un luogo silenzioso, disturbato soltanto dal movimento delle ali delle aquile e dal passo cadenzato degli scalatori, avvolti dalla brezza dell'aria pura che in questi luoghi dimostra di essere la regina che domina ogni cosa.
L'acqua del nostro torrente, dopo essere sgorgata dalla roccia, inizia un viaggio fantastico tutto in discesa che soltanto la natura può descrivere.
Si racconta che nei tempi antichi la gente di questi luoghi riservasse al torrente Stilla un potere straordinario, nella convinzione che esso dovesse provenire da luoghi inaccessibili all'uomo.
Un mago che risiedeva nella valle disse un giorno che il torrente Stilla fosse un ruscello ricco d'acqua inviata dalle fate di quella parte della terra riservata agli eletti della magia, collocato in un cantuccio a nord della Piana del Ciuco, proprio poco lontano dal lago.
In effetti si racconta che l'ingresso di questa piana, racchiuso da due rocce gigantesche, dalla forma rassomigliante a due colonne che sorreggono una grande entrata, fosse l'inizio di quella parte del mondo che doveva appartenere soltanto a pochi eletti.
Scendendo lungo il pendio, tra sassi e ghiaia di svariato colore, l'acqua del torrente incontra subito il primo tuffo nel vuoto azzurro, quando, gettandosi da una parete rocciosa di oltre 200 metri, cade dentro ad un lago dalle pareti di roccia bianca come l'avorio.
In effetti, il lago, definito come il Lago dei cigni, è una conca naturale scavata in questa roccia bianca dall'acqua durante i secoli.
Si racconta che negli abissi più profondi di questo lago, nei tempi antichi, vi fosse stata la dimora di una fata che, al tramonto del sole, amasse risalire in superficie per ammirare il luogo tutt'intorno mentre, tramontando, egli lanciava i suoi meravigliosi raggi colorati sulle rocce circostanti.
Si racconta anche che, quando la fata risaliva in superficie per ammirare questo fenomeno, tutte le aquile della zona si radunassero sulla cima più alta della grande catena e tutti i cigni ospiti del lago si posizionassero sul bordo dell'acqua per ammirarne la bellezza del suo volto, sovrastato da una chioma di capelli biondissimi e lunghi, che sembravano dei sottili fili d'oro.
Accanto alla cascata del fiume, non grande perchè l'acqua ancora non è molta per la poca affluenza di altri ruscelli, proprio nella parte del terreno che corre ancora in discesa più in là dal lago, si estende una fitta boscaglia di pini ed abeti che, se vista dall'alto, sembra una processione di viandanti curiosi che voglia risalire il pendio per soddisfare il desiderio di poter vedere quella meravigliosa fata.
L'acqua, Dopo esser piombata nel lago scendendo dalle alte rocce provocando schizzi e schiuma da ogni parte, fuoriesce dalla parte a valle del suo bordo, filtrata da numerosissimi rigagnoli.
Tutti questi ruscelli, intrecciando tra di loro una rete che si rispecchia sotto il sole per l'effetto del movimento dell'acqua in movimento, sembrano dei fili argentati che corrono tra l'erba verde e i fiori.
Più giù, come tanti bambini quando terminano la loro ricreazione, essi si ritrovano nuovamente tra di loro per raccontarsi tutte le cose che hanno visto mentre scorazzavano tra l'erba.
Anche gli uccelli, curiosi di udire il loro chiacchierio simulato dal rumore delle cascatelle tra i sassi, si posano sugli alberelli che emergono dall'acqua per ascoltare le loro avventure.
Proprio in questo punto il torrente inizia ad ingrossarsi, alimentato anche dai rigagnoli provenienti dai castagneti, dalla Gola del drago, dal Pozzo della luna e dalla parte della montagna che sovrasta la Roccia Bianca.
In questi luoghi, frequentati da numerosi uccelli che svolazzano cantando anche tra i rami degli alberi altissimi, la vita è ancora immersa in un ambiente avvolto da un sistema di vita totalmente lontano da quello vissuto dagli abitanti della Grande Metropoli del Web.
Un giorno, mentre camminavo lungo il sentiero durante una delle mie solite passeggiate tra i boschi, ho potuto osservare un meraviglioso fenomeno che spesso accade tra i segreti della natura, ovvero quello di un ragno che, dopo aver tessuto la sua tela e aver imprigionato alcuni insetti, stava gustando il suo pranzo prelibato.
Questo luogo, definito in qualche modo un punto d'incontro tra tutte le vallate della zona, nei tempi antichi veniva chiamato Piana del Cervo ed ancora oggi molti viandanti amanti della natura e i contadini della Grande metropoli si incontrano durante le loro soste mentre riposano nelle numerose baite e fienili.
Il fiume, in questi luoghi, inizia il suo lunghissimo viaggio verso la valle, scorrendo lento tra i sassi colorati e l'erba verde.
Qui, tra le fronde degli alberi e l'erba, si possono trovare una miriade di uccelli che durante i giorni della primavera rallegrano le giornate accompagnati dallo svolazzare dei moscerini e delle farfalle che si mescolano tra i fiori.
Ad un certo momento le acque del torrente giungono nei pressi delle prime abitazioni della Grande Metropoli, ancora in alta montagna, dove, come prima visione si scorge la ruota di un mulino, con le sue pale giallastre mosse dall'acqua stessa e dal vento, che girano impassibili giorno e notte cigolando di tanto in tanto come a dimostrare la loro stanchezza provocata dal tempo.
Sullo spiazzo davanti all'entrata del mulino, proprio quasi sul bordo dell'acqua del torrente, scorgiamo di sfuggita un gruppetto di bambini che stanno giocando con un acquilone dai colori sgargianti.
Tra loro, notiamo un bambino, il più piccolo in verità, avvolto in una tuta sportiva multicolori, che sta ammirando le onde provocate dall'acqua, sventolando un ramoscello nell'aria, quasi volesse salutare il loro passaggio.
La piazzetta, forse il luogo centrale del piccolo villaggio, mostra al centro una fontana rettangolare riempita d'acqua da quattro zampilli che fuoriescono da un pilastro in cemento a forma cubica, ricoperto da un cappello a punta a forma di cono, collocato accanto ad essa.
Più avanti, proprio in cima ad un colle, scorgiamo la chiesetta di Santa Giuliana, la patrona di questo villaggio, avvolta tuttintorno dai castagneti, che durante la primavera innondano l'aria di miele, che si mescolano al profumo di rose proveniente dal giardino accanto ad essa.
Il pendio, tutto ricoperto di un verde intenso perchè occupato da una fitta vegetazione di abeti, nella parte alta, proprio nei pressi della chiesetta, è solcato quà e là da cespugli di sambuco dalle chiome ricche di fiori giallastri.
La chiesetta, che si innalza con le sue pareti bianche verso il cielo, fa capolino tra le numerose piante mostrando le sue quattro cupole e il campanile costruito con sassi raccolti nella cava del Gufo, un luogo arido e sassoso, costituito soltanto da ghiaia e roccia, da cui si possono trovare solo pochissimi cespugli di acacia e di frassino.
Le campane riposte in vetta al campanile, sono completamente in bronzo, e, mentre suonano, espandono nell'aria una melodia che ci immerge in un'atmosfera rilassante.
Le grida dei bambini, mescolate al gorgoglio dell'acqua, al canto degli uccelli, al rumore dell'acqua che esce dai zampilli della fontana, al suono delle campane e al cigolio degli ingranaggi del mulino mentre fa girare le sue pale maestose, sembra un coro di angeli che cantano per ringraziare Dio per aver concesso così tanta provvidenza sulla terra.
Il fiume, dopo aver superato il mulino, si immerge in una conca di bassa vegetazione dove, nelle giornate calde estive, giungono moltissime anatre selvatiche che, assieme ad altri uccelli, ravvivano la vita di questi luoghi ancora poco abitati dall'uomo a causa della loro conformazione paludosa.
Più giù, proseguendo verso valle, il torrente Stilla si lancia, tutto in discesa, verso la Grande Metropoli, attraversando ancora parti sassose immerse di vegetazione, da dove, guardando verso i pendii laterali, si scorge la meravigliosa strada che porta alla vallata più bella di questi luoghi, la Valle di San Rocco, dove, nascosta tra la vegetazione, scavata nella roccia, esiste una meravigliosa cappella.
La facciata anteriore di questa cappella, durante i mesi primaverili, volge il suo sguardo su un ampio prato ricoperto da narcisi e margherite, circondato dal bosco tutt'ìntorno.
Guardando verso il basso della valle, tra le punte degli abeti, osserviamo che essa si apre maestosa, permettendoci così di scorgere, tra l'azzurro delle montagne opposte, i primi segni della Grande metropoli.
Proprio da quassù, in questo punto, proprio in vetta ad una bianca roccia, riusciamo a scorgere la Casa grigiastra del Nostro Salotto, con le sue cupole, che si erge come una grande pentola fumante, nella parte a nord della città.
Più a sud, proprio verso la Grande Metropoli, si erge la cattedrale di San Silverio, tutta ricamata nella sua parte superiore dalle cupole e dal campanile con le sue sette campane che, qualora suonassero mentre l'aria soffia verso l'alto dei monti, si dovrebbero sentire fin quassù.
Il torrente, proprio ora, dopo aver terminato la sua discesa ed aver svoltato vertiginosamente a sinistra, passa dietro ad una collina su cui si osserva un ampio cespuglio di noccioli.
Proprio dietro a quella collina esiste la casa dei miei nonni, quella casa di cui vi ho sempre parlato delle avventure con il nonno Silverio.
In questo luogo dove il torrente sta passando dentro ad un fitto bosco, possiamo osservare le altissime querce e i castagni che un tempo furono per me i nascondigli più sicuri durante i giochi della mia infanzia più bella della mia vita, assieme ai miei amici del villaggio, mentre correvamo a nasconderci tra i cespugli e i tronchi.
Volgendo lo sguardo verso la somità della collina, è possibile scorgere la punta del noce che sta di fronte alla casa dei nonni e che, per la sua altezza ormai abbondante, oltrepassa l'orizzonte della collina stessa.
Più avanti, dopo qualche centinaio di metri, il torrente, svoltando ancora vertiginosamente verso destra, circondando così la collina, entra maestoso nella piana dei cigni, il parco dove i bambini ospiti del nostro gruppo giocano allegramente.
Le sue acque, ancora limpide e fresche, scivolando tra i bianchi sassi e la ghiaia, camminano ancora lente verso la parte più a valle della piana dove rientrano nuovamente nella vegetazione dove vi resteranno fino ad oltrepassare tutta la Grande metropoli, per entrare nel lago accanto al Viale della Stazione, che, attraversando un parco verde, congiunge le due parti della città.
Il Lago, circondato da ghiaia bianca lungo il bordo dell'acqua e da una fitta vegetazione un poco più lungi, durante la calda stagione è sempre frequentato da uccelli di ogni specie, anitre selvatiche, allodole e tanti uccelli di piccola taglia che, assieme alle grida dei bambini rallegrano l'ambiente.
Successivamente, il fiume si dirige verso la parte bassa della Grande Metropoli, proprio nel punto in cui inizia la zona industriale, ricca di moltissimi stabilimenti industriali.
Qui l'acqua ora non è più limpida come più in alto, perchè ormai in questa zona moltissimi sono i rigagnoli che hanno gettato le loro acque nel fiume.

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Dal Giorno Venerdì 21 Novembre 2003

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