DELITTO DI FERRO.

Racconto scritto da Andrea Camporese - Sottomarina di Chioggia - Venezia

CAPITOLO N. 6

Si chiese se il vecchietto che avevaincontrato poco prima dicesse la verità, se il proprietario di quella casa fosse un assassino, o se fosse meglio dar retta al commissario.
Ma anche avendo tutta quell'insicurezza in corpo prevalse la voglia di andare fino infondo e trovò il coraggio di suonare il campanello.
Gli aprì un signore piuttosto in là con l'età, il quale fu molto sorpreso di trovarsi faccia a faccia con uno sconosciuto.
"E lei chi è"?
"Sono un agente di polizia".
A queste parole il vecchietto sussultò.
"Mi dica". Continuò Manetti.
"Quest'orologio è suo"?
"Gli porse l'oggetto con la stessa calma con cui l'aveva dato al signore che aveva incontrato alla cartolibreria.
"Grazie"! Esclamò sollevato, e quasi glielo strappò di mano.
"Ma dove lo ha trovato?
Sa, ero molto in pensiero perchè l'ho perso da giorni".
"Da quando non lo ha più trovato"?
"Saranno tre giorni almeno, e non ho fatto altro che cercarlo".
"Mi è stato detto che lei colleziona orologi di questo tipo.
è vero"?
"Certo. Ma chi è stato a dirglielo"
? "Un vecchietto che dice di conoscerla.
Non mi ha detto come si chiama, ma se glielo descrivo sa dirmi chi è"?
Il proprietario della casa cominciò a sentirsi un po' a disagio, perchè si trovava davanti ad un uomo che non conosceva e che continuava imperterrito a tempestarlo di domande, ma soprattutto perchè non sapeva il vero motivo per il quale si trovava lì.
Ma, forse potrei anche, però non ne sono sicuro".
Tentennò un po', quasi avesse paura che la sua memoria ormai invecchiata potesse tradirlo.
"Le viene in mente qualcuno se le dico che è basso, magro, capelli neri, barba e baffi lunghi, fuma sempre la pipa, allora"?
"E chi se lo dimentica quello!
è un mio amico dai tempi delle elementari, e se devo dire la verità è uno che si fa stimare da tutti.
Scherza, ride sempre, è allegro, io lo conosco bene sa"?
"Sì, mi ha detto anche lui che vi conoscete".
Durante il dialogo, Manetti era molto nervoso, e l'atteggiamento fisico lo dimostrava in pieno.
Infatti muoveva passi lenti ma continui all'interno del giardino di quella casa, costringendo il vecchietto a seguirlo in tutte le sue mosse se voleva continuare a parlargli con lo sguardo al volto.
"Comunque adesso torniamo all'orologio.
Lei sa dove lo ha perso?
E visto che il suo amico mi ha detto che lei ai suoi orologi ci tiene molto, mi spiega come ha fatto a ridurlo in questo stato"?
"Devo averlo perso nei pressi della ferrovia.
Sa, quando ho saputo dai giornali dell'omicidio di quel barbone, mi sono precipitato sul luogo del delitto per cercare qualche prova che potesse venire utile alla polizia, ma come vede non ho trovato niente, anzi ho rovinato anche il mio orologio".
Quest'ultima frase la disse alzando sempre più la voce, quasi a voler sottolineare il suo dispiacere.
"E come mai si è preoccupato di cercare indizzi?
Lei! Che nessuno le ha chiesto niente"!
"Nei dintorni ci conosciamo un po' tutti, e poi il mio amico glielo avrà detto che era un tipo che non cercava guai no"?
"Sì. E allora"?
"Siccome appunto anch'io lo conosco, e so che era un tipo che non cercava guai, mi sono chiesto chi potesse averlo ucciso senza motivo.
Ho fatto male forse"?
"No".
Mentre in questa fase il vecchietto era inesorabilmente calmo, Manetti si innervosiva sempre più con questa situazione, e moriva dalla voglia di dirgli assassino.
"Mi dica". Continuò.
"Ma non si è accorto di perdere l'orologio"?
"Deve essersi incastrato da qualche parte fin che cercavo qualcosa tra i sassi con le mani.
Forse ho tirato via la mano troppo in fretta non accorgendomi che la cinghietta era impigliata".
"Io l'ho trovato sotto una traversina in uno spazio che si era formato tra i ciotoli, come se qualcuno lo avesse nascosto di proposito".
"E che ne so"?
"E che mi dice della catena con cui io credo che lei abbia legato quel poveretto"
? "Ma cosa dice"! è impazzito"?
"Io non credo".
"Ma non vorrà insinuare che io sia un assassino spero".
"Ah me lo dica lei".
"Ma che motivo avrei avuto per uccidere un mio amico"?
"Beh, non è certo questo il problema mi pare.
Ci sono molti motivi per uccidere una persona sa"?
"Senta, lei sta proprio sbagliando, anche perchè non le basta guardarmi per capire?
Le pare che io così piccolino abbia la forza per riuscire a legare ad una rotaia uno che è quasi il doppio di me"?
A quelle parole, Manetti si accorse di aver fatto un bel buco nell'acqua.
"Mi scusi, io non ci avevo fatto caso".
"Mi crede allora"?
"Certo.
Solo che adesso siamo al punto di partenza".
Disse sistemandosi per bene la giacca. "Che cosa vuol dire"?
"Che non so più che cosa fare.
L'assassino non ha lasciato tracce e non riesco a trovare testimoni oculari".
Andò via da quella casa con un'agitazione che lo schiacciava tanto da dimenticarsi di salutare il vecchietto il quale, tornato nella sua proprietà, sistemò al meglio il suo orologio e se lo mise al polso.
Per smaltire la sbornia di nervoso, Manetti andò a fare una corsa nei pressi del luogo del delitto, come se quel posto gli regalasse ogni volta solievo e pace.
Corse verso Milano scrutando un po' i treni che lo sorpassavano, e un po' i campi illuminati dal sole primaverile che ormai volgeva al tramonto, il quale si compiva proprio davanti alla sua faccia.
Tornando indietro, sempre correndo, scorse una persona accucciata nel mezzo dei binari, che si spostava ogni volta che arrivava un treno.
Avvicinandosi di qualche decina di metri, si accorse con grande stupore che si trattava di Stefano Fusco.
"Stefano"! Disse quasi ridendo.
"Che cavolo fai lì"?
"Eh, cosa?
Ah Lorenzo", disse alzando lo sguardo.
"Niente, sto solo cercando qualche bel sasso da aggiungere alla collezione che faccio.
Non te ne ho mai parlato"?
"No, però mi pare che tu sia un tipo che non fa collezioni di alcun genere.
"E invece ti sbagliavi.
Solo che in questo posto non c'è niente di buono.
Penso che andrò via".
"Ma non potevi andare al fiume a cercare sassi?
Quello sì che a volte porta giù dei capolavori".
"Se è per questo anche noi due abbiamo trovato un capolavoro da queste parti no"?
Manetti lo guardò storto.
"Ma che cavolo dici! A volte sei proprio stupido.
"E stavo scherzando via! Dov'è finito il senso dell'umorismo che hai sempre"?
"Ma come fai a scherzare così su una cosa tanto grave"?
"Ormai è successo, e anche se ci tieni il muso lungo sopra quello lì mica ritorna in vita sai"? Precisò Fusco con un sorriso provocatorio.
"Io ho sempre saputo di avere uno strano collega, ma in questo ultimo periodo ti vedo messo piuttosto male.
Non è che magari sai qualcosa su questa faccenda"? "Certo che so qualcosa.
So che il commissario ti ha chiesto gentilmente di lasciar perdere.
So anche che adesso sono le sette di sera", disse guardando l'orologio, "e che circa tre ore fa dovevi essere in comissariato".
"Ma tu come fai a sapere certe cose"?
"Sono passato in commissariato e il capo mi ha detto tutto".
"Sì sì, comunque se permetti questi sono affari miei.
Vattene al fiume che è meglio.
In questo posto non c'è niente di buono.
L'hai detto tu no"?
"Come vuole signore, ma non vorrei essere al tuo posto domani.
Lo sai che se il commissario si incazza sono cazzi vero?
Comunque, già. Sono affari tuoi.
Vattene a casa e riposati, che domani il capo ti sistema per le feste".
Si guardarono dritti in faccia per un po' di secondi, e poi Manetti girò i tacchi e filò via, mentre Fusco continuò indisturbato il suo lavoro.

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domenica 10 dicembre 2000 01.14.03