VIVERE L'AMORE CHE TI STUZZICA IL CUORE
L'incontro di Elena sul viale aveva creato nel mio cuore nuovi atteggiamenti che durante tutta la notte seguente martellavano il mio cervello al punto da non permettermi nemmeno di dormire.
Quei suoi baci freschi, quelle labbra morbide, il suo fiato caldo
e odorante di cioccolata erano ancora presenti nel mio cuore al
punto che spesso e sovente ero costretto a mettermi il dito
indice nella bocca per bagnarlo di saliva e strofinarlo
successivamente lungo la pelle del mento nell'intento di simulare
quelle senzazioni per me nuove ancora e tanto desiderate.
Il calore che mi avvolgeva sotto le coperte, l'odore di lavanda
delle lenzuola pulite, provocavano in me sempre di piu il senso
di un grande desiderio, ossia quello di poter avere Elena accanto
a me per poter godere assieme quel momento.
Mi giravo e rigiravo su me stesso, strofinavo le ginocchia lungo
le lenzuola, di tanto in tanto accendevo la lampada per guardarmi
allo specchio immaginando di vedere Lei, simulavo tanti movimenti
del mio corpo pensando di essere in sua compagnia.
Ogni tanto rammentavo che avrei dovuto dormire in quanto il
mattino successivo sarei dovuto andare a scuola ben riposato, ma,
appena cercavo di conquistare una posizione valida per
addormentarmi, mi riappariva sempre quel momento sul viale.
Il mattino successivo, con gli occhi un poco stanchi per il
sonno, non appena sentii i passi pesanti del nonno Silverio lungo
il poggiolo di legno antistante la camera, mi alzai di tutta
fretta nell'intento di scacciare dalla mente quelle sensazioni
che mi avevano accompagnato per tutta la notte.
Nella mia mente esisteva una certezza, ossia quella che davanti
al cancello della scuola avrei trovato Elena, avvolta nel suo
grembiule nero, con i suoi capelli lunghi e biondi nei quali il
giorno prima avevo sospirato di gioia, con il suo colletto bianco
legato dal nastro rosso.
Quasi certamente, mentre scendevo la scala di pietra che, dalla
camera, mi portava nella stalla, il mio volto stravolto avrebbe
potuto meravigliare il nonno Silverio.
Il pensiero fisso su Elena mi aveva fatto dimenticare di prendere
i pantaloni e, quando giunsi davanti alla porta della stalla con
il solo pigiama e a mani vuote, il nonno meravigliato ridendo
sotto i baffi mi fece notare questa distrazione:
- Sellin! ohila', Sellin! come mai non hai portato i vestiti? Sei
forse innamorato?
Per me fu un ritorno nella realta' e, tornando indietro di corsa,
risalii la scala, entrai nella mia cameretta, presi tutti i
vestiti e corsi nuovamente nella stalla.
Anche se ormai ero grandicello, quasi 12 anni e mezzo, gradivo
ancora farmi aiutare dal nonno a vestirmi in quanto gli volevo un
sacco di bene.
Mentre lui mi aiutava ad infilare il maglioncino e i pantaloni
dopo avermi tolto il pigiama, mi chiese:
- Raccontami un poco, Sellin; ieri pomeriggio la zia Maria ti ha
visto sul viale abbracciato con Elena! Ti sei forse innamorato di
lei?
Io, che mai avrei voluto far sapere a nessuno di questo segreto,
abbracciai forte forte il nonno e gli confidai tutti i miei
crucci.
Lui, ridendo un poco, ma anche parlando seriamente, mi disse:
- Bravo! Bravissimo! Cominciamo presto a pensare alle ragazze.
Io, alla tua eta' conobbi la nonna e, portatala a casa, la feci
conoscere al mio babbo che fu tanto tanto contento.
Quella frase, per me, fu come un fulmine: Ritornarono alla mente
tutti i progetti fatti durante la notte, il desiderio di
baciarla, di abbracciarla, di spartire il mio letto con lei, di
accarezzarla, di parlare con lei delle mie cose, dei miei
sentimenti, stava diventando realta'.
Sapevo pero' che la mamma mai mi avrebbe permesso di dormire con
Elena nel mio letto, e questo problema era quello che
maggiormente mi preoccupava.
Mentre mangiavo il latte accanto al nonno, mi venne un'idea
strana: Se io avessi confidato al nonno della mia intenzione di
trascorrere qualche ora con Elena sul letto di foglie nella
stalla, quale sarebbe stata la risposta?
Quasi certamente il nonno, che spesso dava ragione alla mamma,
avrebbe negato questo mio desiderio, ma io, non perfettamente
convinto di tale risposta, preferii aspettare di fargli la
proposta, in attesa di costruire un progetto ben preparato.
Il tempo correva veloce e, ben presto, arrivava l'ora di partire
per la scuola.
Presa la cartella in spalla dopo essermi messo il giubbotto,
partii come una freccia per la scuola, convinto di trovare Elena
davanti al cancello che mi aspettava.
Tutto ansimante arrivai davanti alla scuola scorgendo lei, al
centro di un gruppetto di bambine, intenta a chiacchierare delle
solite cose.
Arrivato vicino a lei, la chiamai invitandola a parlare con me.
Assieme andammo giu' per la strada che dalla scuola portava al
fornaio.
Laggiu' io conoscevo un cantuccio, proprio dietro alla casa del
fornaio, dove sicuramente nessuno mi avrebbe visto nel momento in
cui io l'avessi baciata.
Andammo! Lei era felice! Entrammo sotto al porticato! Andammo a
collocarci proprio infondo e ci stringemmo forte forte per circa
dieci minuti, il tempo che separava il mio arrivo dall'inizio
delle lezioni!
In quei dieci minuti, passati per altro molto velocemente, io ho
raccontato ad Elena tantissime cose, le ho parlato dei pensieri
fatti durante la notte, del colloquio con il nonno, avendo da lei
soltanto approvazione totale.
Elefantoide, quello scemo, avendoci spiati, alla nostra uscita
dal porticato, ci chiese i soldi per un dolce per mantenere il
segreto del nostro amore.
Io, che conosco assai bene lui, gli offrii quattro biscotti al
cioccolato, facendolo felice e permettendogli anche di baciare
Elena.
Di tutta fretta, dopo i saluti e i complimenti di rito,
concludemmo il nostro incontro per entrare in classe, dopo
esserci dati l'appuntamento all'uscita non appena le lezioni
fossero terminate.
In classe, dopo aver confidato ad Elena tutti i crucci della
notte ed avendo avuto da lei solo approvazione e incoraggiamento,
mi ero tranquillizzato al punto che ho potuto seguire le lezioni
senza difficolta.
Prima di lasciarci, ci eravamo accordati che nel pomeriggio io
avrei dovuto portarla dal nonno perche', come lui stesso fece con
la nonna, pure io avrei dovuto portarla da lui.
Questo era l'inizio di un progetto che quasi sicuramente avrebbe
provocato nel nonno la completa disponibilita' a farci rimanere
soli sul letto di foglie nella stalla.
Alla conclusione delle lezioni ci ritrovammo al cancello assieme
ad Elefantoide, tutto curioso delle nostre tenerezze.
Fortunatamente vi era la sua mamma che lo stava aspettando,
permettendo cosi' che io potessi accompagnare Elena fino al
cancello del parco vicino alla chiesa, proprio quel parco che io
vorrei chiamare "dei miei sogni".
Un grosso abbraccio e numerosi baci furono il saluto che ci
separava permettendoci cosi' di rientrare felici alle nostre case
per pranzare.
Nel pomeriggio, dopo aver fatto i numerosissimi compiti con
supersonica velocita', partii per andare ad aspettare Elena nel
parco, proprio seduto nella medesima panchina del giorno prima.
Fortunatamente oggi non c'erano quei bambini che avevamo visto il
giorno prima, ed il parco era completamente deserto, occupato
qua' e la' da qualche colombo probabilmente proveniente dal
campanile della chiesa, ricchissimo di nidi e nascondigli sotto
il tetto, proprio accanto alle campane.
Era bello vedere quando, al suono dell'orologio del campanile,
tutti i colombi iniziavano a volare in alto, formando una nuvola
bianca nel cielo azzurro, quasi a confondersi con le nuvolette
vere nell'aria limpida.
Dopo soli dieci minuti dal momento che io arrivai nel parco,
mentre ero seduto sulla panchina, vidi, dal cancello che portava
nella piazza, la mia Elena che stava arrivando.
Bellissima! con i capelli svolazzanti! con una maglia verde
chiaro e i pantaloni bianchi.
Veniva verso di me come un fulmine, piombandomi sul ventre ed
abbracciandomi forte forte.
Restammo a parlare e a farci tante moine sulla panchina per oltre
mezz'ora, ma poi saremmo dovuti andare dal nonno per presentarci
come lui stesso ci aveva insegnato.
Ridendo e sghignazzando di gioia, dopo aver percorso due
chilometri di strada, arrivammo nel mio cortile, trovando il
nonno che stava giocando con Francone a rincorrere i sassi, assai
numerosi nel fossato antistante la casa.
Quando lui ci vide disse:
- Mafalda! Mafalda! vieni fuori a conoscere la fidanzata di
Sellin!.
La nonna, affacciatasi alla finestra della cucina, ridendo a
crepacollo, ci invito' ad entrare per mangiare un po' di torta
alle mele e miele.
Elena, golosa dei dolci, non esito' ad entrare, mentre io andai a
parlare con il nonno convinto di potermi assicurare il letto di
foglie nella stalla, isolato dagli sguardi di tutti.
- Nonno, posso andare a chiacchierare un poco con Elena sul
letto di foglie nella stalla?
Il nonno, senza aspettare alcun istante,
rispose approvando.
Per me quel momento fu una conquista assai grande che quasi
sicuramente doveva superare di gran lunga le vincite dei giochi
con gli amici in piazza.
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marted́ 26 febbraio 2002 21.42.50