Cio' che successe un giorno al cane Franco e al gatto Leopoldino
In questa pagina vi voglio raccontare cosa successe al mio caro
nonno Silverio durante gli anni della mia giovinezza.
Questo e' un racconto che certamente, nel preciso momento in cui
lo devo rievocare, mi fa emergere non poche emozioni.
Un gatto siamese dal mantello grigio, dal nome un poco originale
"Leopoldino" ed un vecchio e stanco cane da caccia di
nome Franco, vivacchiavano ignorandosi nel cortile antistante la
vecchia casa del nonno Silverio al margine di un fitto bosco di
querce secolari.
Il cane Franco viveva in un suo mondo fatto di nostalgici ricordi
di caccia alla lepre, di rincorse all'interno dei campi di grano
a stanare fagiani, ma anche di semplici passeggiate in compagnia
del caro nonno Silverio.
Il nonno, fanatico cacciatore, un giorno aveva deciso, dopo anni
di affettuosa collaborazione, di sostituirlo con un cane più
giovane.
Ovviamente non gli faceva mancare né un pasto né una carezza,
ma questo non era sufficiente a Franco, il quale non potendo più
andare a caccia, si sentiva inutile.
Un giorno, mentre sonnecchiava riparato dal sole, all'ombra del
porticato antistante la stalla, proprio accanto ad una cestona
piena di fieno profumato, gli giunsero alcune voci:
Era il nonno Silverio, che in compagnia d'amici, anche loro
fanatici cacciatori, decantava le lodi del suo nuovo cane da
caccia di nome Fulmine.
- Amici cari, - disse con orgoglio, - vorrei un vostro giudizio
su questo bellissimo, giovane e scattante esemplare.
Ho speso una fortuna per acquistarlo ed addestrarlo presso la
miglior scuola per cani che c'è in questa regione.
Mi hanno garantito che il cane è ubbidiente, bravo e vigoroso, e
che diventerà un ottimo compagno di caccia.
A Franco si era quasi fermato il cuore ad ascoltare queste
parole.
Immediatamente prese la decisione di andarsene lontano dal nonno
Silverio irriconoscente .
Io lo vidi da poco lontano, si gonfiò il petto, mise la sua
piccola coda dritta come un pennone di una nave, e con andatura
lenta ma altera passò fra il gruppetto di cacciatori e Fulmine,
che in quel momento era il suo rivale.
Un cacciatore, amico del nonno Silverio, cui era sempre piaciuto
Franco esclamò:
- Io se avessi un cane bello e bravo come Franco, di certo non
l'avrei sostituito.
Queste sincere parole riuscirono in parte a rallegrare il triste
Franco.
Il gatto Leopoldino che aveva assistito alla scena tutto
arrotolato dentro alla cesta di fieno,si avvicinò a Franco, in
silenzio si strofinò a lui, facendogli comprendere che approvava
la sua decisione e per solidarietà decise che sarebbe fuggito
con lui.
Il pomeriggio, io li vidi per caso mentre, uscendo dalla cucina
del nonno, rivolsi l'occhio verso la collina.
Insieme e senza farsi notare si addentrarono nel bosco proprio
dietro la collina, un bosco buio e fitto di rami e foglie.
Passarono alcuni giorni e il nonno, che non si era accorto subito
della scomparsa dei due animali, decise di andarli a cercare nei
posti dove solitamente potevano essersi nascosti:
dentro alla cesta del fieno antistante la stalla, nel fienile e
nel bosco di querce.
La mia cuginetta di cinque anni, Katia, che era molto affezionata
alle due bestiole, chiese ed ottenne dal nonno di accompagnarlo
nella sua ricerca.
Io non andai con loro perche' ero impegnato con i compiti di
scuola, assai abbondanti in quei giorni.
Cammina, cammina arrivarono nel cuore del bosco senza incontrare
né Franco né Leopoldino.
Non sapevano che invece questi due animali senza farsi notare li
stavano seguendo da quando erano entrati nel bosco.
Ad un certo punto il Nonno disse:
- Katia, bimba mia, vedo che sei stanca, siediti su questo sasso
in compagnia di Fulmine, lui sorveglierà che nulla ti succeda.
Io mi assenterò per alcuni minuti per controllare in cima a
quella piccola altura se scorgo le due bestiole.
Mi raccomando non muovetevi da qui.
Appena il nonno Silverio si allontanò, alcune bellissime
farfalle iniziarono a svolazzare vicino a loro.
Katia e Fulmine, ammagliate dalla loro bellezza e dal loro volare
qua e là dimenticarono le raccomandazioni del nonno ed
iniziarono a rincorrerle.
Katia, poco pratica del bosco tanto fitto, non sapeva che lì
vicino scorreva quel ruscello che in realta sarebbe il medesimo
ruscello che si sente aprendo la pagina di questo sito.
Purtroppo mise un piede su un sasso umido e scivolò dentro
l'acqua.
In realtà nella caduta non si fece nulla e il suo pianto
disperato era dovuto alla paura di venire trascinata dalla
corrente e di affogare.
Cosa che, in effetti, non poteva avvenire perché nel ruscello vi
era poca acqua.
Tutta preoccupata, con voce stridula ella iniziò ad urlare:
"Aiuto, Aiuto", per attirare l'attenzione di Fulmine,
il quale terrorizzato da ciò che era accaduto, se ne stava
accovacciato e tremante sotto un albero, senza avere il coraggio
di intervenire per salvare Katia, la sua padroncina in pericolo.
Si voltò di scatto, sentendo vicino a sé un rumore: era Franco
che nascosto, aveva osservato la scena e non aveva esitato a
lanciarsi giù nel ruscello per salvare la piccola Katia. Alle
grida d'aiuto, era accorso il nonno di tutta fretta, trovandola
incolume, ma spaventata e bagnata.
Katia che era una bimba saggia e responsabile, disse al nonno:
- Nonno, non ti devi spaventare, sono caduta nel torrente, per
fortuna c'era il cane che mi ha aiutato a risalire fin qui.
Il nonno tutto tremante ma contento per lo scampato pericolo, con
in braccio la piccola, si avvicinò a Fulmine.
Nel ringraziarlo con una carezza sulla testa, si accorse che era
perfettamente asciutto.
- Katia -disse il nonno- se Fulmine è asciutto come ha fatto a
salvarti nel ruscello?
- Nonno, - rispose Katia, - non è stato Fulmine a salvarmi, ma
il nostro vecchio caro Franco.
Ho cercato inutilmente di fermarlo ma lui in compagnia di
Leopoldino è scappato via.
Dopo aver ritrovato tutti gli animali con grande fatica, il
nonno, con in braccio la nipotina Katia, li riunì vicino a sé e
disse loro:
- Grazie amici, mi avete dato una lezione che non dimenticherò.
Tu, caro Franco, mi hai fatto capire che non si possono mettere
in disparte gli amici come te solo perché sono vecchi, anzi
forse per questo meriterebbero un'attenzione maggiore.
Tu, giovane Fulmine, hai molto da imparare, non solo a scuola ma
ascoltando e seguendo l'esempio dei più anziani, Come insegnante
avrai da ora in poi Franco, e da lui imparerai a cacciare, ma
soprattutto a comportarti come sempre ha fatto lui.
E cosa dire a te, caro Leopoldino, se non un grazie per aver dato
una mano a Franco e per non averlo abbandonato quando era in
difficoltà?
Quel giorno fu per il mio caro nonno Silverio un giorno
indimenticabile.
Pensate, quando il mattino seguente, seduto sullo sgabello usato
solitamente per mungere le mucche, accanto al vecchio tavolino
dove io facevo la mia colazione nella stalla, mi racconto' tutta
la storia come realmente era accaduta, tenendomi seduto sulle sue
magre ginocchia, piangeva davvero lacrimoni grossi come cascate
di un fiume in piena.
Ricordo la sua voce incerta, singhiozzante, ricca di faticosi
sospiri nel tentativo di inghiottire qualche boccata d'ossigeno,
ricordo le sue lacrime che macchiavano la tela dei pantaloni del
mio pigiama, ricordo quei momenti come dovessi riviverli ora.
Quei momenti, che ricordo ancora con molta lucidita', mi fanno
affiorare alla mente la bellissima storia che il nonno mi
racconto' un giorno, durante un pomeriggio accanto al focolare
mentre fuori nevicava abbondantemente.
Quel pomeriggio, dopo che lui lesse il tema datomi dalla maestra
come compito di casa dal titolo "Cosa pensi
dell'amore", non soddisfatto del mio componimento, mi
racconto' la storia dell'amore
cieco.
Quella storia, probabilmente frutto della sua grande fantasia, ha
modificato i miei pensieri, costringendomi a riscrivere il mio
tema.
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martedì 30 ottobre 2001 19.12.50