Dopo aver lanciato qualche sasso a Francone
assieme al nonno in attesa che Elena uscisse dalla cucina dove la
nonna la aveva invitata a mangiare qualche cosa, io stavo
diventando impaziente e per questo mi avvicinai alla finestra
della cucina intenzionato a chiamarla convinto che lei potesse
seguirmi nella stalla.
Il profumo che usciva dalla casa mi incuriosì assai,
incoraggiandomi ad entrare per assaggiare qualche dolce.
Nella mia mente intanto vagava sempre l'idea che se si fosse
fatto troppo tardi probabilmente non avremmo più potuto rimanere
soli nella stalla, dato che il nonno più tardi avrebbe dovuto
accudire le mucche.
Dopo aver preso dal vassoio due o tre biscotti in tutta fretta,
mi diressi alla porta invitando Elena a seguirmi.
Uscimmo in cortile e, camminando piano piano, ci dirigemmo verso
la stalla.
Percorrendo il tratto di sentiero che separava la casa del nonno
Silverio alla stalla, Elena volle fermarsi ad osservare la lunga
fila di fiori che costeggiava l'orto dove il nonno in quel
momento stava annaffiando le verdure ormai tutte arrossite per
l'effetto della brina che si posava su di loro durante la notte.
Assieme osservammo le dalie multicolori, i fiori settembrini
costituiti da una miriade di margheritine rosse dove le api
stavano cercando gli ultimi sorsi di nettare da portare
all'alveare.
Più in là, un poco nascosti dai noccioli e dalla grande pianta
di sambuco, vi erano i girasoli e le rose marine tanto amate dal
nonno.
Al centro di tanto verde e tanto profumo faceva da regina una
meravigliosa pianta di rosmarino che il nonno aveva piantato
ancora qualche anno addietro dopo averla acquistata al mercato
del villaggio.
Finalmente, dopo tanti sguardi di Elena verso tutte le direzioni,
arrivammo davanti alla stalla.
Sotto al porticato, dentro ad un cesto ricolmo di fieno, stava
riposando Francone, ormai stanco di rincorrere i sassi
lanciatigli dal nonno.
Lui, al nostro arrivo, alzando la sua testa e mostrando la sua
lunga lingua penzolante, volle dimostrare a me ed a Elena quanto
stanco era dopo tutte le corse fatte con il nonno nel cortile e
lungo il pendio antistante la casa a cercare sassi.
Io mi avvicinai a lui e prendendo quella testa tra le mie
braccia, volli dimostrargli quanto bene gli volevo.
Più in là, in un'altro cesto di fieno stava dormendo il mio
micio che, disturbato dalle nostre chiacchiere, si era alzato per
dirigersi verso il fienile dove sicuramente avrebbe trovato
maniere più soddisfacenti di riposare perchè indisturbato.
Entrammo finalmente nella stalla dopo aver aperto il
pesantecatenaccio ed aver spinto la porta con un poco di forza.
La porta della stalla infatti era stata fatta da un falegname
amico di famiglia che l'aveva costruita osservando tutte le
indicazioni del nonno: Legno massiccio, legno robusto, legno
buono e resistente a tutte le temperature.
Essa aveva un grosso catenaccio formato da un ferro ormai
arrugginito che scorreva da destra a sinistra e da sinistra a
destra, e che, scorrendo, faceva un rumore infernale.
Entrati nella stalla, io chiusi la porta e, dopo essermi tolto le
scarpe, con un balzo, fui sopra al letto di foglie.
Elena, un poco titubante di dover fare la stessa cosa, rimase
ferma in piedi in mezzo alla stalla ad osservare le mucche che in
quel momento stavano riposando in attesa che il nonno arrivasse a
dar loro il prossimo pasto.
Osservando la sua titubanza, io la invitai a togliersi le scarpe
e ad entrare pure lei sul letto di foglie per poter giocare in
mia compagnia.
Lei, dopo qualche momento di incertezza forse dovuto alla paura
di sporcarsi i vestiti di polvere, si avvicinò allo steccato
come ad osservare tutto l'ambiente dove avrebbe dovuto trovarsi.
Tutto ad un tratto, con mia grande soddisfazione, decise di
togliersi il maglione e le scarpe e a balzare pure lei sul letto
di foglie.
Ci fu un attimo di entusiasmo da parte di entrambi dimostrato dal
rincorrersi a vicenda, ma poi, stanchi del gioco, ci sdraiammo
sul letto rimanendo lì, fermi, l'uno accanto all'altro.
Io la osservavo attentamente, osservavo le sue braccia e le sue
gambe nude, osservavo i suoi capelli lunghissimi ora pieni di
foglie e fieno tra i quali il giorno prima avevo pianto di gioia,
osservavo le sue mani ed il suo volto per me tanto belli.
Tutto ad un tratto, mentre io me ne stavo sdraiato sulle foglie e
lei si era un poco sollevata con un gomito, come per istinto le
chiesi se avesse desiderato darmi un bacio simile a quelli del
giorno prima.
Lei, guardandosi un poco attorno come per osservare se le mucche
la stessero a guardare, mi disse che avrebbe voluto farlo, ma che
non sapeva se fosse entrato il nonno nella stalla.
Cercando di rassicurarla, io le dissi che il nonno non sarebbe
arrivato prima delle cinque.
In un primo momento mi era parso di capire che le mie parole non
erano per lei molto convincenti, ma dopo soltanto una trentina di
secondi capii chiaramente che aveva ragione.
Un rumore fortissimo, forse perchè improvviso, ci fece rimanere
immobili come statue.
Era il nonno che stava entrando dopo aver dato una spinta alla
porta, era proprio lui che ora stava avanzando verso il recinto
del letto di foglie per osservarci.
Aveva la grande pipa penzolante dalla parte sinistra della bocca
e nella mano destra teneva un piattone con sopra due tazze
fumanti circondate da alcuni biscotti.
Io capii subito che lui ci aveva portato il tè preparato dalla
nonna e con un balzo mi alzai per poterlo assaggiare dato che
esso era sempre stato la mia passione.
Lui, con un largo sorriso che quasi gli faceva cadere la grande
pipa fumante, mi disse:
- Ehi! Sellin! sei sempre il solito frettoloso! Dovresti
dimostrarti un cavagliere in presenza delle donne.
Io, che nel mio cuore stavo attendendo il bacio di Elena,
compresi subito che permettere a lei di scegliere la prima tazza
poteva essere un'ulteriore punteggio per conquistare quel bacio
interrotto dall'arrivo del nonno.
Elena, dopo essersi alzata, prese con delicatezza una delle due
tazze e, ringraziando il nonno con voce sommessa, la accostava
alla bocca per assaggiare il primo sorso.
Io, che mi ero immerso nell'osservare quella visione, mi scordai
di prendere l'altra tazza dal piattone, provocando così
un'ulteriore presa per i fondelli del nonno stesso che disse:
- Ehi! Sellin, ma allora non lo vuoi questo tè? Ma forse
ti sei innamorato del modo di bere di Elena?
Io, dopo essermi scosso da quell'attimo di incantesimo, ebbi uno
scatto improvviso nel girarmi verso di lui che provocò il
rovesciamento del piatto e della tazza stessa.
Elena, presa da tanto ridere nei miei riguardi, dopo aver
consegnato la tazza al nonno, si sdraiò sulle foglie continuando
a ridere a più non posso.
Il nonno, notando che nella tazza di Elena vi era ancora qualche
sorso di tè, mi invitò a bere almeno quelle poche sorsate pur
di addolcirmi la bocca.
Meraviglioso! Una cosa fantastica! Quel te era per me una bevanda
dai mille sapori!
Cercavo di bere lentamente pur di farlo durare più a lungo, ma
questo mio modo di fare provocava ancora un'ulteriore presa per i
fondelli da parte del nonno che disse:
- Sellin! Ma Sellin! Forse il te della nonna non ti piace oggi?
Forse ti fa un poco schifo per il fatto che a bere prima di te
era Elena? Ma allora Elena non ti piace proprio a quanto mi
sembra! Se tu vuoi bene a lei devi anche non avere schifo della
sua tazza!
Io, dopo qualche secondo di ripensamento, gli risposi che
pensando alla tazza rotta non ero più invogliato a bere.
Lui, mostrando un sorrisetto sotto i baffi che poteva nascondere
qualche segreto, prese la mia tazza finalmente vuota e uscì
dalla stalla invitandoci a rimanere nelletto di foglie al caldo.
Dopo che il nonno se ne fu andato, sicuro delle mie idee, io
piombai in groppa ad elena che se ne stava distesa a pancia in giù,
la abbracciai a grande forza provocando in lei il desiderio di
girarsi come per svincolarsi da me.
Quando lei si fu girata a pancia in su, io presi la sua testa tra
le mie braccia e la costrinsi a rimanere ferma sotto di me
dicendole che quelle sorsate di te le avevo bevute lentamente non
per aver rotto la tazza, ma per assaporare il suo tè avanzato.
Restammo vicini l'un l'altro per un periodo di tempo che poteva
forse essere di mezz'ora circa, ma poi ci sistemammo l'uno a
fianco dell'altro per parlare delle nostre cose.
Lei mi fece vedere la catenina d'oro che aveva al collo e che le
era stata regalata da una sua zia e il suo anello regalatole
dalla nonna Annetta in occasione della prima comunione.
Io, che non avevo alcun oggetto prezioso, mi limitai a farle
vedere il mio nuovo temperino regalatomi dal nonno qualche tempo
addietro e che era munito di cavatappi e di apriscatole.
Restammo a conversare nella stalla per circa quasi un'ora e
mezza, proprio fino a quando arrivò il nonno per iniziare ad
accudire le mucche.
Successivamente, visto che Elena era interessata a seguire tutti
questi lavori eseguiti dal nonno, rimanemmo nella stalla ancora
qualche tempo durante il quale io cercai di aiutare il nonno in
alcune cose come ad esempio la mungitura e portare l'acqua fresca
affinchè le mucche potessero bere.
Dopo aver trascorso un meraviglioso pomeriggio in felice
compagnia, verso le 18 e trenta accompagnai Elena per un tratto
di strada verso casa.
Verso quest'ora, essendo ormai tramontato il sole, la temperatura
stava diventando umida e più fredda.
Durante il nostro tragitto passammo davanti alla chiesa del
villaggio osservando che nella piazza ormai tutti i miei amici
erano già rientrati nelle loro case per effetto del freddo,
percorremmo il lungo viale dove il giorno prima ci eravamo
incontrati, dove le numerose foglie degli alberi ormai cadute a
terra stavano scricchiolando sotto i nostri piedi coprendo quasi
anche le nostre voci con il loro rumore.
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martedì 26 febbraio 2002 21.49.42