Un tamburello costruito con pelle di daino dal nonno Silverio
Erano quelli gli anni piu' innocenti della mia vita.
Avevo infatti quattro anni e poco piu' quella mattina di fine
estate quando assieme al nonno andammo nella stalla di buon'ora.
Quella mattina, come spesso accadeva, il nonno mi disse che
dovevamo far presto a sistemare le mucche perche lui sarebbe
dovuto andare a caccia del daino assieme allo zio Ernesto.
Io mi coccolai sulle sue ginocchia per qualche momento pensando
alla foresta, al daino che sarebbe forse scappato, a tutti gli
altri animali che, senza di lui, avrebbero sofferto per qualche
giorno.
Preparata la colazione, mentre io mangiavo, il nonno mi racconto'
che la settimana prima presero un grosso daino dalle corna
lunghissime e che la sua pelle era stata portata per la
conciatura al villaggio vicino, proprio dove di solito io,
assieme ad altri ragazzini andavamo a giocare alla guerra.
Io, tutto entusiasta di quel racconto, gli chiesi cosa avrebbero
fatto poi di quella pelle.
Lui mi rispose che quel daino era fantastico e che con la sua
pelle avrebbe costruito per me un fantastico tamburello.
Intanto, tra le mucche da sistemare e i suoi racconti venne l'ora
di partire.
Dopo avermi preso in groppa, tutto di corsa, attraversammo il
grande cortile per arrivare davanti alla porta della casa dove la
nonna Mafalda mi prese in braccio per scaricarmi dal nonno e
portarmi in cucina.
Mentre io raccontavo a lei le cose che mi preannunciava il nonno,
iniziai a vestirmi per poi uscire sul prato antistante la casa
dove sotto al grande noce il nonno aveva legato ad un ramo una
corda che io usavo come altalena.
Mentre mi dondolavo sempre piu' alto, osservavo i prati piu'
lontani, le boscaglie che ora stavano diventando rossicce per
l'appassire della vegetazione nel periodo autunnale.
In particolare osservavo la grande quantita' di noci che con il
mio dondolio a volte mi cadevano addosso.
Piu' tardi arrivo Elefantoide che, con la sua pancia protesa
sembrava uno spaventapasseri.
Lui era intenzionato a giocare con me a chi saliva piu' in fretta
la pianta del noce.
Io gli dissi subito che non volevo fare quel gioco perche' il
giorno prima mentre scendevo dall'albero mi ero rotto i pantaloni
provocando i rimproveri della mamma.
Elefantoide allora mi propose di andare in piazza del villaggio a
giocare con gli altri ragazzi ed io, dopo aver avvertito la
nonna, accettai di andare con lui.
In piazza trovammo una flotta di amici ed inizio' la festa della
giornata.
Con le tasche piene di palline di terracotta iniziai la partita
e, dopo un primo periodo di magra, iniziai a vincere assieme ad
Elefantoide, portando a casa oltre 40 palline in piu', tra cui
ben 15 di cristallo.
Quelle palline trasparenti, con al loro interno svariate specie
di animali, erano particolarmente fantastiche.
Due in particolare avevano una farfalla che sembrava doversi
muovere al minimo spostamento della pallina tra le mani.
Il gioco duro' fino a quasi mezzogiorno quando, per una promessa
fatta alla nonna, sarei dovuto ritornare a casa.
In grande velocita', tra i sentieri e i prati profumati di fieno
e di mele mature, arrivai a casa quando la nonna gia' aveva
rovesciato la polenta sul tagliere.
Mi piaceva vedere il filo di fumo che si innalzava sopra di essa
e che, lentamente, arrivava al soffitto, magari diversificando la
traiettoria per causa della brezza che entrava dalla finestra
socchiusa.
Il profumo della polenta, mescolato a quello del formaggio
bruciacchiato sopra le braci e il salame appena tagliato mi
stuzzicavano l'appetito al punto da costringermi di tutta fretta
ad andare a lavarmi le mani alla fontana in cortile per rientrare
ad iniziare il pranzo.
Mentre iniziavo il pranzo assieme alla nonna, tutto
all'improvviso entrava il nonno con un grosso fagotto sotto il
braccio sinistro.
La mia grande gioia di rivedere il nonno, la curiosita' di
scoprire quello che conteneva il grande fagotto, mi rendeva
irrequieto.
Il nonno pero', che aveva letto nella mia mente mi ordino' di
continuare a mangiare e che poi avremmo fatto il resto.
Io sapevo di dover obbedire al nonno, dato che se avessi fatto
tutto questo, avrei poi avuto i miei profitti quali ad esempio il
poter andare tutte le mattine nella stalla con lui, il giocare
tra il fieno e le foglie e, particolarmente, poter sentire le sue
belle storie della giovinezza.
Finito il pranzo, lui mi prese in groppa e andammo nella stalla
ad iniziare i lavori per costruire il tamburello.
Appena entrammo con sorpresa vidi che in un angolo vi erano i
rami di salice che dovevano essere serviti per creare
l'intelaiatura del tamburello.
Dopo un'ora circa, il nonno aveva gia' costruito un cilindro di
salice alto circa trenta centimetri e dal diametro di cinquanta.
Presomi nuovamente in groppa, ritornammo in cucina per prendere
la pelle di daino avvolta in un sacco di canapa.
Con me sulla schiena e il fagotto sotto braccio ritornammo nella
stalla per completare il suo progetto.
Nella stalla il nonno aveva una grossa forbice che solitamente
usava per tagliare la lana alle capre.
Con quella forbice lui taglio' la pelle del daino nella misura
che lui sapeva e, dopo tanti sforzi, dopo tanti sussulti, il
cilindro di salice era coperto di pelle ben tirata.
Nel consegnarmi quello strano tamburo che vibrava appena toccavo
la pelle morbida al centro, il nonno mi disse che quello era
l'amico fidato della mia vita e che avrebbe dovuto accompagnarmi
per sempre nelle belle e nelle brutte giornate.
Io, dopo aver tenuto per qualche istante quel tamburello tra le
braccia, dopo aver provato la resistenza della sua pelle
battendola con le dita, decisi di depositarlo con delicatezza a
terra e di saltare tra le braccia del nonno per ricompensarlo con
tanto affetto e tanti baci.
Il nonno, tutto felice per quel mio atto d'affetto improvviso, si
commosse e pianse di gioia mentre, portandomi vicino al letto
delle foglie, mi lancio come un sacco di farina su di esso.
Restammo a giocare assieme sulle foglie fino a quando venne l'ora
di accudire le mucche.
Io portai successivamente il mio meraviglioso tamburello dalla
nonna e dalla mamma affinche pure loro potessero apprezzare il
meraviglioso lavoro fatto dal nonno.
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domenica 26 agosto 2001 08.51.42